Reati urbanistico-edilizi e ambientali

Il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico – non quello edilizio tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria.

Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23-ter ha disciplinato il mutamento di destinazione d’uso rilevante, che è solo quello che comporta il passaggio tra categorie funzionali urbanisticamente rilevanti, stabilendo che, salva la potestà previsionale in materia alle regioni, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale.

La destinazione d’uso di un fabbricato o di un’unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.

D.PR. 6/6/2001  N. 380 Art. 23 ter – Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante. 

1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché’ non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché’ tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;

a-bis) turistico-ricettiva;

b) produttiva e direzionale;

c) commerciale;

d) rurale.

2. La destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis.

3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.

 Cassazione penale sez. III, 5/3/2021 n.13491.

Fatto

1. Con l’ordinanza del 19 ottobre 2020 il Tribunale del riesame di Salerno, nel rigettare la richiesta proposta nell’interesse della (OMISSIS) s.r.l., di cui è legale rappresentante l’indagato V.A., ha confermato il decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno del 1°.10.2020 di sequestro preventivo dell’intero immobile in Salerno in viale dei P. n. x, di proprietà della C.cV. s.r.l..

Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus dei reati ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e artt. 64-71, 65-72, 83,93,94 e 95,481-483 c.p..

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato in proprio e quale legale rappresentante della Casa con Vista s.r.l..

Ha premesso che la regolarità delle opere di demolizione e ricostruzione di un edificio, realizzate dalla società ricorrente nel tempo, sarebbe stata oggetto di più pronunce giurisdizionali, della Corte di cassazione e del Tar Campania, sui permessi di costruire rilasciati nel 2017, unitamente all’autorizzazione paesaggistica.

2.1. Con il primo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 56 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 23-ter e 44, in riferimento agli artt. 195 e 196 RUEC di Salerno.

In estrema sintesi, tenuto conto del contenuto del permesso di costruire, relativo alla realizzazione di “locali per impianti, locale igienico, cantinola e videosorveglianza”, gli impianti realizzati – igienico, elettrico e di riscaldamento sarebbero compatibili con quanto assentito e non sarebbero significativi di un mutamento di destinazione d’uso.

Inoltre, il mutamento di destinazione d’uso rilevante sarebbe, ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23-ter, solo quello fra categorie autonome, mentre l’immobile realizzato avrebbe sempre una destinazione residenziale, che non coincide con quella esclusivamente abitativa.

L’ordinanza non avrebbe applicato l’art. 196 del RUEC che per i piani seminterrati o interrati esclude solo che siano adibiti alla permanenza abitativa non all’uso abitativo.

La L.R. Campania n. 17 del 2009, art. 2, comma 1, lett. d) escluderebbe che le aree interrate siano computate nella volumetria; per altro la volumetria delle cantine sarebbe preesistente ed oggetto anche del permesso di costruire del 2017.

2.2. Con il secondo motivo si deducono, in relazione alle logge, l’erronea applicazione degli art. 47, 20 e 24 del RUEC di Salerno, nonché la violazione della sentenza del Tar n. 758 del 2019. Le logge non sarebbero computabili nel calcolo dei volumi e delle superfici ai sensi dell’art. 20 del RUEC.

In sintesi, il Tribunale del riesame non avrebbe valutato che le logge erano già autorizzate in base al permesso di costruire in sanatoria n. 2 del 2017, ritenuto legittimo dal Tar di Salerno con la sentenza n. 758/2019, e dalla SCIA del 2018 né avrebbe correttamente applicato l’art. 24 del RUEC; avrebbe violato il giudicato cautelare, formatosi a seguito di due sentenze della Corte di cassazione.

I fatti riguarderebbero dunque la violazione dei provvedimenti del 2017.

In punto di fatto si esclude che sia avvenuta la modifica della sagoma.

Il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente applicato l’art. 47.03 del Ruec, che dà la definizione di loggia.

2.3. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94-bis e 98; le contestazioni riguarderebbero solo aspetti formali, per le quali non è applicabile l’ordine di demolizione e di conseguenza non potrebbe procedersi al sequestro preventivo.

Se la norma è a presidio della pubblica incolumità, il sequestro aggraverebbe il pericolo impedendo il consolidamento delle opere.

L’unico soggetto titolare all’acquisizione della notitia criminis sarebbe poi il personale tecnico del Genio Civile e non potrebbe essere acquisita direttamente dal pubblico ministero il quale non avrebbe dovuto nominare un proprio consulente tecnico ma incaricare degli accertamenti il personale del ministero delle infrastrutture.

Erroneamente poi il consulente tecnico del pubblico ministero avrebbe richiamato la lettera b.6.1. dell’allegato C al Decreto Dirigenziale 359/2020.

Il Tribunale del riesame avrebbe fondato la decisione sulla consulenza tecnica del pubblico ministero redatta in violazione di legge, perché gli accertamenti avrebbero dovuto essere eseguiti solo ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 96 e ss..

Nella contestazione, il pubblico ministero avrebbe poi adoperato il Decreto Dirigenziale n. 359/2020 che è successivo alla realizzazione delle opere.

Per altro tale decreto dirigenziale riguarderebbe solo la disciplina antisismica e non sarebbe rilevante a fini strutturale.

Si rileva altresì che è stato sottoposto a sequestro l’intero fabbricato a fronte della possibilità di estinguere la contravvenzione mediante oblazione.

2.4. Con il quarto motivo, relativo al periculum, si deduce l’erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 291, art. 96 e ss., art. 27 Cost., art. 125 disp. att. c.p.p.; le contestazioni sarebbero relative solo a violazioni formali in materia sismica e/o strutturale: il Tribunale del riesame non avrebbe valutato la relazione tecnica dell’ing. E. volta a dimostrare l’assenza di pericoli strutturali.

Si rileva altresì che il pubblico ministero non avrebbe mai dimostrato la sussistenza del periculum e che la difformità esecutiva non implica alcun pericolo di crollo. Il sequestro preventivo per altro impedirebbe l’esecuzione di interventi strutturali.

Quanto al mutamento di destinazione d’uso dei locali interrati, il pericolo sarebbe inattuale ed in ogni caso sarebbe circoscrivibile mediante il sequestro della sola zona interessata; non risulterebbe indagata la variazione del peso insediativo derivante dall’eventuale mutamento di destinazione d’uso delle cantinole né sarebbe stata rapportata alle opere già realizzate.

Analoghe considerazioni valgono per le logge, anche rispetto al sequestro preventivo dell’intero fabbricato.

2.5. Con il quinto motivo si deduce il vizio di violazione di legge per avere omesso il Tribunale del riesame la risposta all’eccezione di prescrizione quanto alla contravvenzione strutturale perché risalirebbe a data anteriore al primo sequestro. Il Tribunale del riesame avrebbe riportato pedissequamente la tesi del pubblico ministero senza alcuna autonoma valutazione.

2.6. Con il sesto motivo si deduce che le contestazioni poste a fondamento del sequestro preventivo sono le stesse già valutate con le sentenze della Corte di cassazione n. 4761/2018 e 56959/2018.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da V.A. in proprio è inammissibile perché il riesame è stato proposto nell’interesse della sola Casa con Vista s.r.l.; pertanto, difetta la legittimazione a proporre il ricorso per cassazione.

2. Quanto al ricorso proposto nell’interesse della Casa con Vista s.r.l. dal legale rappresentante, il primo motivo è fondato quanto alla sussistenza del fumus del reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) in relazione al cambio di destinazione d’uso.

2.1. Secondo il Tribunale del riesame sarebbe stato realizzato un mutamento di destinazione d’uso dei locali ubicati al piano interrato, secondo piano sotto strada, perché , in variazione essenziale del permesso di costruire n. (OMISSIS), che autorizzava la realizzazione di locali per impianti tecnologici, locale igienico, cantinola e video sorveglianza, sarebbero state realizzate opere che dimostrerebbero la destinazione di tali locali a civile abitazione, essendo stata installata la predisposizione per gli impianti sanitari, di riscaldamento, elettrico e di illuminazione.

2.2. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 24096 del 07/03/2008, Desimine, Rv. 240725, in motivazione) il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico – non quello edilizio tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria.

Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23-ter, introdotto nel D.P.R. n. 380 del 2001 dal D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, ha disciplinato il mutamento di destinazione d’uso rilevante, che è solo quello che comporta il passaggio tra categorie funzionali urbanisticamente rilevanti, stabilendo che, salva la potestà previsionale in materia alle regioni, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale.

La destinazione d’uso di un fabbricato o di un’unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.

2.3. Va ribadito il principio di diritto espresso da Sez. 3, n. 9894 del 20/01/2009, Tarallo, Rv. 243100, per il quale la destinazione d’uso di un immobile non si identifica con l’uso fattone in concreto dal soggetto utilizzatore, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito.: “In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), in caso di mutamento di destinazione d’uso edilizio per difformità totale delle opere rispetto al titolo abilitativo, l’individuazione della precedente destinazione d’uso non si identifica con l’uso fattone in concreto dal soggetto utilizzatore, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito, in quanto il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico“.

2.4. Orbene, per ritenere sussistente il fumus del reato è necessario verificare in primo luogo quale sia stata la categoria urbanistica impressa dall’originario titolo abilitativo ai locali de quo; quale sia stata la categoria urbanistica impressa dal permesso di costruire n. 57 del 2019; quale sia stata la categoria urbanistica impressa mediante i lavori.

Tale percorso non è stato eseguito dal Tribunale del riesame che invece ha definito apoditticamente volumi tecnici quelli assentiti dal permesso di costruire n. 57 del 2019 senza ulteriori indagini o specificazioni, onde illustrare le ragioni della sussistenza del contestato mutamento di destinazione d’uso.

2.5. Va altresì rilevato che le variazioni essenziali, nel caso di mutamento di destinazione d’uso, sono solo quelle ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 32, lett. a), cioè quelle che determinano variazioni degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968; che il mutamento di destinazione d’uso senza opere è assoggettato a SCIA, purché intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici – non dunque in presenza di un più generale vincolo paesistico – anche all’interno di una stessa categoria omogenea.

2.6. Sulla sussistenza del fumus del reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) si impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; il Tribunale del riesame, nel rivalutare il riesame, applicherà i principi di diritto prima indicati.

3. E’ invece infondato, allo stato degli atti, il secondo motivo relativo al fumus del reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 con riferimento alle logge.

3.1. Da quanto emerge dall’ordinanza, la questione concerne esclusivamente le logge ubicate rispettivamente al primo livello (secondo piano sotto strada, ove vi sono tre logge), al secondo livello (primo piano sotto strada, ove vi sono tre logge), al terzo livello (piano strada, ove vi è una loggia).

Mediante l’arretramento delle mura perimetrali, restando ferma l’ubicazione dei pilastri, intesi quali elementi verticali che delimitano la sagoma, lo spazio occupato dalle logge dagli originari è divenuto superiore ai 2 metri, con la conseguenza che si computa nella volumetria utile, divenuta superiore a quella assentita.

Si tratta per altro di opere edilizie che sono state realizzate successivamente al 2018, costituiscono pertanto una nuova notitia criminis rispetto a quella oggetto della cd. “prima fase”, per la quale è in corso il processo di merito.

3.2. Va poi rilevato che in questa sede non sono proponibili questioni relative al merito o quelle concernenti la contraddittorietà della motivazione, come quelle dedotte sulla questione della modifica della sagoma. Né rilevano in questa sede in relazione al reato per come contestato, che concerne l’aumento dello spazio delle logge.

4. Il terzo motivo, limitatamente alla sussistenza del fumus commissi delicti dei reati contestati ai capi 2 e 3, è infondato per le seguenti ragioni.

4.1. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 96 e ss. devono necessariamente essere coordinati con le norme del codice di procedura penale ed in particolare con il potere di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria sull’acquisizione di ogni notizia di reato ex art. 330 c.p.p. (Acquisizione della notizia di reato: “il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti”).

4.2. Come affermato da Sez. 3, n. 27592 del 14/07/2020, D’Alessio, Rv. 279902 – 01, in motivazione, in forza del combinato disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 96 e 103, l’attività di accertamento delle violazioni concernenti le costruzioni in zone sismiche non è rimessa in via esclusiva al dirigente dell’ufficio tecnico regionale, o ai funzionari del suo ufficio, ma può essere svolta, in via alternativa, anche da numerose altre autorità amministrative, tra le quali, ad esempio, come nella specie, i geometri degli uffici tecnici delle amministrazioni comunali.

4.3. A tale affermazione di principio può aggiungersi che in base all’art. 330 c.p.p. l’acquisizione della notizia di reato può essere effettuata anche dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria.

4.4. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98, comma 1 prevede che: “Se nel corso del procedimento penale il pubblico ministero ravvisa la necessità di ulteriori accertamenti tecnici, nomina uno o più consulenti tecnici scegliendolo fra i componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici o tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di altre amministrazioni statali”.

Ciò implica che il pubblico ministero, nell’ambito della sua discrezionalità, può compiere accertamenti tecnici sulla violazione delle norme relative alle costruzioni in zona sismica.

Va inoltre rilevato che la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98 non è espressamente sanzionata, sicché , per il principio di tassatività, non è ipotizzabile che si sia verificata una nullità.

4.5. Quanto al fumus, il motivo è infondato; deve rilevarsi che per le opere indicate nel capo di imputazione (il torrino scala, i muri in pietra al piano interrato, il muro di contenimento), ad esclusione della piscina, non è neanche contestata l’assenza del progetto esecutivo e del previo avviso allo sportello unico competente e dell’autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale.

5. Sono invece fondati i motivi relativi al periculum in mora.

Sul punto non sono stati applicati correttamente i principi di diritto riportati nell’ordinanza.

Va infatti rilevato che l’edificio è in parte abitato, come risulta dal decreto genetico, e che i capi di imputazione concernono solo una parte di esso.

5.1. I principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, sono applicabili anche al sequestro preventivo ed impongono al giudice di motivare adeguatamente sull’impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata (così Sez. 2, n. 29687 del 28/05/2019, Frontino, Rv. 276979 – 01; fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione con cui il tribunale aveva rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di un intero complesso immobiliare destinato a centro commerciale, per quanto i lavori che si assumevano eseguiti per effetto di condotte truffaldine riguardassero soltanto una parte di esso).

Cfr. anche Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, Konovalov, Rv. 261509 – 01, per cui i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità – dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali – sono applicabili anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva.

Sez. 3, n. 42178 del 29/09/2009, Spini, Rv. 245172 – 01, in motivazione, ha affermato che il principio di proporzionalità nella limitazione dei diritti garantiti è altresì previsto dall’art. 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., riconosciuta dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato con L. 2 agosto 2008, n. 130.

5.2. La motivazione sulla necessità del sequestro dell’intero immobile, quindi anche la parte non oggetto di contestazione” si fonda da un lato sul consistente aumento volumetrico e sull'”intuibile” pregiudizio per la staticità dell’intero fabbricato.

5.3. Quanto al consistente aumento volumetrico, la decisione non ha applicato correttamente il principio di concretezza, posto che da un lato l’aumento di superficie determinato dal cambio di destinazione d’uso – la cui sussistenza del fumus andrà comunque verificata in base a quanto già osservato – è pari a 61,56 mq., secondo quanto riportato nel capo di imputazione, sicché l’incidenza sul cd. carico urbanistico va valutata in concreto in base a tale dato.

5.4. Va poi precisato che l’aumento di volumetria deve essere rapportato al capo di imputazione, non essendo legittime valutazione relative a fatti non contestati.

Orbene, quanto alle logge, la contestazione concerne esclusivamente quelle ubicate al primo livello (secondo piano sotto strada, ove vi sono tre logge), al secondo livello (primo piano sotto strada, ove vi sono tre logge), al terzo livello (piano strada, ove vi è una loggia).

L’aumento di volumetria, secondo quanto riportato nell’ordinanza impugnata, si sarebbe verificato mediante l’arretramento delle mura perimetrali, restando ferma l’ubicazione dei pilastri, intesi quali elementi verticali che delimitano la sagoma.

In sostanza, da quanto emerge dalla stessa ordinanza, l’aumento di volumetria riguarda lo spazio esterno, determinato dalla maggiore profondità delle logge, non quello interno che sarebbe rimasto invariato. La variazione sulla struttura complessiva è infatti un dato puramente formale.

Tale aumento di volumetria sarebbe stato già realizzato, essendo sul punto l’opera completata.

5.5. Con la sentenza n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223721, le Sezioni Unite hanno affermato il principio, proprio in tema di sequestro preventivo di manufatti abusivi ultimati, per cui “Il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato”.

Tale principio è stato poi sviluppato dalla giurisprudenza successivamente formatasi (cfr. Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016, Giudici, Rv. 268812 – 01) affermando che è ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell’ipotesi in cui l’edificazione sia ultimata, fermo restando l’obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene (fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento di sequestro di un impianto per la produzione di energia eolica, che di per sé , non incide sulla domanda di elementi urbanistici secondari, sul rilievo che non era stato valutato in concreto se dall’uso dell’impianto derivasse un aumento del cosiddetto carico urbanistico).

La sussistenza delle esigenze cautelari è stata collegata all’accertamento in concreto di quali conseguenze negative sul regolare assetto del territorio, in termini di aggravio del carico urbanistico, derivino dalla libera disponibilità del bene, tenuto conto della mole delle opere realizzate in rapporto allo stato dei luoghi, dell’aggravio per il traffico veicolare, del trasferimento nella zona interessata di un numero di persone tali da incidere sulla fruizione dei servizi pubblici, dell’impatto dell’insediamento sul tessuto abitativo (Sez. 3, n. 10101 del 15/11/2012, dep. 2013, Vigorito, non massimata).

Nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo.

Cfr. anche Sez. 3, n. 6599 del 24/11/2011, dep. 2012, Susinno, Rv. 252016 per cui il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito, laddove la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul “carico urbanistico”, il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive.

5.6. La valutazione effettuata dal Tribunale del riesame sulla sussistenza dell’aumento del carico urbanistico è dunque puramente astratta, perché non rapportata all’aumento di profondità delle logge, del volume esterno, dell’utilizzo in concreto di tali beni e delle ricadute sugli aspetti sopra evidenziati.

5.7. Quanto alla violazione della normativa antisismica, il Tribunale del riesame ha richiamato il principio espresso da Sez. 3, n. 38717 del 10/05/2018, Rizzuti, Rv. 273835 – 01, per cui in tema di sequestro preventivo di un immobile la cui realizzazione è soggetta al rispetto della normativa antisismica, il pericolo di aggravamento del reato, con riferimento al perdurante utilizzo del manufatto, è insito nella violazione stessa della disciplina antisismica perché , in considerazione del carattere non prevedibile dei terremoti, la regola tecnica di edificazione, da rispettarsi obbligatoriamente per la costruzione di qualsiasi struttura, è ispirata a finalità di contenimento del rischio di verificazione dell’evento sismico.

Tale principio vale per le opere oggetto del capo di imputazione che sono esclusivamente le 4 indicate nel capo di imputazione.

5.8. Però, l’applicazione del principio di diritto avrebbe legittimato il sequestro preventivo delle sole opere realizzate; per il sequestro dell’intero edificio, non oggetto di contestazione, la motivazione si fonda sulla consulenza tecnica del pubblico ministero secondo cui gli interventi strutturali (pagina 29) modificherebbero in maniera rilevante il comportamento strutturale dell’edificio.

5.9. La motivazione sulla concreta sussistenza di un pericolo per l’intero fabbricato è apparente, posto che analogamente il Tribunale del riesame ha ritenuto indimostrata l’affermazione del consulente tecnico della difesa che le azioni delle opere realizzare non inciderebbero con le strutture portanti del fabbricato.

Sul punto, la risposta al motivo di riesame sull’esistenza del periculum, fondato sulla produzione della consulenza tecnica e apparente, non essendo stato spiegato perché l’affermazione del consulente tecnico sarebbe indimostrata, nonostante le specifiche deduzioni.

Per altro, il motivo di riesame si fondava sulla concreta natura delle opere realizzate, punto non affrontato specificamente dall’ordinanza impugnata.

5.10. Va altresì evidenziato, quanto ai controventi, che il Tribunale del riesame fonda la sua valutazione sull’incidenza sul comportamento strutturale dell’edificio sul testo del Decreto Dirigenziale n. 359 del 3 agosto 2020 che, come dedotto, e successivo alla realizzazione delle opere ed è stato riportato parzialmente.

Come correttamente riportato nel ricorso, le modifiche apportate all’organismo strutturale mediante la creazione di controventi – non dunque la realizzazione di controventi in sé – sono da considerarsi varianti sostanziali, secondo il Decreto Dirigenziale n. 359 del 3 agosto 2020, solo quando si verificano una o più delle seguenti condizioni: 1) aumento dell’eccentricità tra il baricentro delle masse e il centro delle rigidezze superiore al 5% della dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica; 2) variazione della rigidezza del singolo interpiano superiore al 20%; 3) variazione della deformazione massima del singolo piano superiore al 10%; 4) variazione dell’entità dell’azione sismica (taglio) di piano superiore al 10%.

Tali elementi normativi, a prescindere dalla applicabilità della delibera dirigenziale al caso de quo, non sono stati valutati.

6. Il quinto motivo è infondato, avendo il Tribunale del riesame rigettato a pagina 30 dell’ordinanza impugnata l’eccezione di prescrizione.

7. E’ analogamente infondato il sesto motivo, poiché il Tribunale del riesame ha ritenuto che le opere in contestazione siano state realizzate in epoca recente e siano diverse da quelle oggetto dei precedenti provvedimenti giudiziari. Per altro, la sentenza n. 4761/2018 di questa Corte si è espressa esclusivamente sul periculum in mora e non sulla sussistenza del fumus commissi delicti.

8. In sintesi, si dichiara inammissibile il ricorso proposto da V.A. in proprio. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Va accolto, nel senso di cui in motivazione, il ricorso della Casa con Vista s.r.l., e l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Salerno per nuovo giudizio sul capo e sui punti prima evidenziati.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto da V.A. in proprio, che condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 5.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021.