In materia di vendita di beni destinati al consumo, nel caso in cui il difetto di conformità si manifesti oltre i sei mesi dalla consegna spetta all’acquirente dimostrare, con gli ordinari mezzi di prova, che il vizio esisteva già al momento della consegna o che esso era stato occultato dal venditore. Di conseguenza, ove sia accertato che al momento della consegna il bene era regolarmente funzionante, la responsabilità del venditore può essere configurata a condizione che sia dimostrato l’occultamento di un vizio.
Corte di cassazione Sezione II civile, Ordinanza 15.9.2022, n. 27177.
NORME DI LEGGE
Art. 129 d.lgs. n. 206 del 2005- Conformità dei beni al contratto.
1.Il venditore fornisce al consumatore beni che soddisfano i requisiti di cui ai commi 2 e 3, nonché le previsioni degli articoli 130 e 131 in quanto compatibili, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 132.
2.Per essere conforme al contratto di vendita, il bene deve possedere i seguenti requisiti soggettivi, ove pertinenti:
a) corrispondere alla descrizione, al tipo, alla quantità e alla qualità contrattuali e possedere la funzionalità, la compatibilità, l’interoperabilità e le altre caratteristiche come previste dal contratto di vendita;
b) essere idoneo ad ogni utilizzo particolare voluto dal consumatore, che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al più tardi al momento della conclusione del contratto di vendita e che il venditore abbia accettato;
c) essere fornito assieme a tutti gli accessori, alle istruzioni, anche inerenti all’installazione, previsti dal contratto di vendita; e d) essere fornito con gli aggiornamenti come previsto dal contratto di vendita.
3.Oltre a rispettare i requisiti soggettivi di conformità, per essere conforme al contratto di vendita il bene deve possedere i seguenti requisiti oggettivi, ove pertinenti:
a) essere idoneo agli scopi per i quali si impiegano di norma beni dello stesso tipo, tenendo eventualmente conto di altre disposizioni dell’ordinamento nazionale e del diritto dell’Unione, delle norme tecniche o, in mancanza di tali norme tecniche, dei codici di condotta dell’industria applicabili allo specifico settore;
b) ove pertinente, possedere la qualità e corrispondere alla descrizione di un campione o modello che il venditore ha messo a disposizione del consumatore prima della conclusione del contratto;
c) ove pertinente essere consegnato assieme agli accessori, compresi imballaggio, istruzioni per l’installazione o altre istruzioni, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi di ricevere; e,
d) essere della quantità e possedere le qualità e altre caratteristiche, anche in termini di durabilità, funzionalità, compatibilità e sicurezza, ordinariamente presenti in un bene del medesimo tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e delle dichiarazioni pubbliche fatte dal o per conto del venditore, o da altre persone nell’ambito dei precedenti passaggi della catena di transazioni commerciali, compreso il produttore, in particolare nella pubblicità o nell’etichetta.
GIURISPRUDENZA
Corte di cassazione Sezione II civile, Ordinanza 15.9.2022, n. 27177.
Con atto di citazione ritualmente notificato B. Annalisa conveniva in giudizio la società D. Automobili s.a.s. di Stefano D. & C. innanzi il Tribunale di Busto Arsizio, per sentirla condannare al risarcimento del danno derivante da un difetto riscontrato nella vettura usata che l’attrice aveva acquistato dalla convenuta. In particolare, la B. fondava la propria domanda sulla garanzia di conformità del bene prevista dal d.lgs. n. 206 del 2005.
Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale, con sentenza n. 86 del 2014, rigettava la domanda.
Interponeva appello avverso detta decisione la B. e la Corte di appello di Milano, con la sentenza impugnata, n. 3956/2017, accoglieva il gravame, condannando la società appellata al risarcimento del danno.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la società D. Automobili s.a.s. di Stefano D. & C., affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso B. Annalisa.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 129-132 del d.lgs. n. 206 del 2005, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di appello avrebbe erroneamente ricostruito il fatto e non avrebbe tenuto conto della relazione tecnica integrativa del 15 ottobre 2013, resa dal c.t.u. in udienza, riportata testualmente a pag. 6 del ricorso, dalla quale emerge che la rottura della parte del motore (pistoncino idraulico tendicatena) alla quale, secondo la B., doveva essere ricondotta la causa del danno, era avvenuta contemporaneamente alla rottura del motore, e non prima. Ciò dimostrerebbe, secondo la ricorrente, l’assenza del vizio al momento della consegna della vettura.
La censura è fondata.
La Corte di appello afferma (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) dapprima che il danno è stato causato dal malfunzionamento del pistoncino idraulico tendicatena, e poi che detto pistoncino era funzionante al momento dell’acquisto.
Sul punto, va osservato che l’art. 129 del codice del consumo recita, ai primi due commi:
1. Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.
2.Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:
a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura;
d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti“.
Sulla base dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che alla data della consegna il motore ed il pistoncino non presentavano malfunzionamenti, va ritenuta operante la presunzione di conformità di cui al secondo comma dell’articolo in esame.
L’art. 130 del codice del consumo, da parte sua, recita testualmente:
1. Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
2.In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai c. 7, 8 e 9.
3.Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
4.Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.
Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto“.
L’art. 130 del codice del consumo, dunque, afferma che il diritto del consumatore sussiste quando il difetto del bene era presente (o poteva essere presunto in applicazione del criterio di cui al precedente art. 129) al momento della consegna; in tal caso, comunque, il consumatore non ha diritto alla risoluzione immediata del contratto, né al risarcimento per equivalente, ma deve seguire la procedura prevista dalla norma in esame, che assicura un contemperamento tra le opposte esigenze, del consumatore, da un lato, e del produttore/rivenditore, dall’altro lato.
Ai fini dei termini per la denuncia, l’art. 132 del codice del consumo prevede che:
1. Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.
2.Il consumatore decade dai diritti previsti dall’articolo 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato.
3.Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
4.L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene; il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui all’articolo 130, comma 2, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente“.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha affermato che erano trascorsi oltre sei mesi dalla consegna della vettura (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). Di conseguenza, non poteva scattare la presunzione di preesistenza del difetto alla data della consegna, di cui al terzo comma dell’art. 132 in commento. La B., dunque, avrebbe dovuto fornire la prova dell’esistenza del vizio alla data della consegna del bene. Detta prova, tuttavia, è esclusa dalla stessa ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, poiché il giudice di merito afferma che, al momento della consegna, la vettura era funzionante.
Né è possibile configurare, in base al contenuto della decisione impugnata, una responsabilità per vizio occulto: la Corte territoriale, infatti, si limita ad affermare, al riguardo, che “È chiaro che al momento dell’acquisto il motore e il pistoncino funzionavano, visto che trattavasi di vizio occulto consistente in un grave difetto di costruzione del pistoncino per cui il bene non è risultato conforme al contratto ed ai criteri di cui all’art. 129 del Codice del Consumo” (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata). Secondo il ragionamento logico seguito dal giudice di merito, dunque, ogni difetto che si manifesta entro il termine di cui al primo comma dell’art. 132 (due anni dalla consegna del bene) costituisce, per il solo fatto che esso non fosse apparente al momento della consegna, un vizio occulto. In tal modo, la responsabilità che il codice del consumo pone a carico del venditore viene trasformata, di fatto, in responsabilità oggettiva, in spregio alla ratio della legge, che è, piuttosto, la ricerca di un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze, del consumatore, da un lato, e del produttore/rivenditore, dall’altro lato.
Per poter qualificare un vizio come occulto, dunque, occorre fornire la prova che esso, pur non essendo apparente al momento della consegna, esisteva tuttavia a tale data: dimostrazione che, nella specie, è mancata, poiché la stessa Corte di appello afferma che, alla consegna, il veicolo era regolarmente funzionante.
A ciò va aggiunto che il chiarimento reso dal c.t.u. all’udienza del 15 ottobre 2013, sul quale si concentra il motivo di ricorso, non risulta esser stato considerato dal giudice di merito. E tale omissione è potenzialmente decisiva, posto che, in occasione di quel chiarimento, l’ausiliario aveva affermato che il pistoncino era funzionante alla consegna.
In definitiva, il motivo merita di essere accolto, tanto sotto il profilo del vizio di violazione di legge, non avendo la Corte di merito applicato in modo corretto le disposizioni del codice del consumo, quanto sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, sostanzialmente denunciato nella censura in esame, pur in assenza di esplicito riferimento al vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c..
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: “In materia di vendita di beni destinati al consumo, qualora il difetto di conformità si manifesti oltre il termine di sei mesi dalla consegna, previsto dall’art. 132, terzo comma, del d.lgs. n. 206 del 2005, spetta all’acquirente dimostrare, con gli ordinari mezzi di prova, che il vizio esisteva già al momento della consegna o che esso era stato occultato dal venditore. Di conseguenza, ove sia accertato che al momento della consegna il bene era regolarmente funzionante, la responsabilità del venditore può essere configurata a condizione che sia dimostrato l’occultamento di un vizio“.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in differente composizione, la quale si atterrà al principio di diritto esposto in motivazione.