Contratti e obbligazioni

La mancanza della dichiarazione sulla conformità allo stato di fatto dei dati catastali determina nullità dell’atto notarile.

La dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14, decreto legge n. 78 del 2010, convertito dalla Legge n. 122/2010, per gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali non di garanzia su unità immobiliari urbane, riguarda la conformità allo stato di fatto sia della planimetria dell’immobile e sia dei dati catastali, costituendo essi gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene.

La sua omissione, stante la finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale perseguita dalla norma, determina la nullità assoluta dell’atto, da cui consegue la responsabilità disciplinare del notaio rogante.

Cassazione civile sez. II, 15/9/2022, n.27181.

NORME DI LEGGE

Legge del 27/02/1985 – N. 52 Art. 29.

1. Negli atti con cui si concede l’ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l’immobile deve essere designato anche con l’indicazione di almeno tre dei suoi confini.

1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

1-ter. Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’ articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

GIURISPRUDENZA

Cassazione civile sez. II, 15/9/2022, n.27181.

FATTI DI CAUSA

Con decisione depositata il 2 dicembre 2015, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Triveneto (COREDI) applicava al notaio D.M. la sanzione disciplinare di Euro 16.000,00, in relazione alla violazione della L. n. 89 del 1913, art. 28 (Legge Notarile), come sanzionata dall’art. 138, comma 2, della stessa Legge, per avere in sedici atti, tutti stipulati dopo l’introduzione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis, aventi a oggetto il trasferimento di diritti reali non di garanzia su fabbricati costituenti unità immobiliari urbane, omesso la dichiarazione di conformità richiesta dalla norma (la sanzione è stata inflitta a conclusione del procedimento disciplinare avviato su iniziativa dell’Archivio Notarile di Vicenza all’esito dell’ispezione per il biennio 2013/2014). Con la medesima decisione, previa riunione dell’autonomo procedimento disciplinare avviato dal Consiglio notarile di Vicenza, il notaio D.M. è stato ritenuto responsabile, in relazione ai medesimi fatti, della violazione dell’art. 42 del Codice deontologico, con l’applicazione della sanzione della censura.

Il notaio D.M. proponeva reclamo, ai sensi dell’art. 158, Legge Notarile, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26, cui resistevano sia l’Archivio Notarile sia il Consiglio Notarile. Il reclamo era parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Venezia, che escludeva la violazione dell’art. 42 del codice deontologico, in quanto norma generale rispetto a quella speciale dell’art. 28 della Legge Notarile.

Avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia Roma, il notaio ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Hanno resistito con controricorso l’Archivio notarile e il Consiglio Notarile. Il controricorso del Consiglio contiene ricorso incidentale affidato a due motivi.

Il notaio D.M. ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Con il primo motivo del ricorso principale si sostiene, in dissenso con l’orientamento della Suprema corte, del quale il ricorrente si auspica il mutamento, che la dichiarazione di conformità allo stato di fatto delle sole planimetrie non si pone in contrasto con della L. n. 52 del 1986, art. 29, comma 1-bis, e non determina la nullità degli atti di trasferimento di unità immobiliari urbane che lo contengono: secondo il notaio ricorrente “a “comandare” è sempre e solo la planimetria”.

Con il secondo motivo, il ricorrente principale sostiene, in via subordinata, che la nullità sancita dalla norma non sarebbe una nullità inequivocabile, tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 28 della Legge Notarile, non essendo a tal fine sufficiente il rilievo, proposto dalla Corte d’appello, del carattere testuale della stessa nullità.

Con il terzo motivo si sostiene che la possibilità di conferma dell’atto nullo, prevista a seguito della novella dell’art. 29 della Legge con l’introduzione del comma 1-ter, preclude l’applicazione dell’art. 28 della Legge Notarile, essendo la norma, in applicazione del principio del favor rei, applicabile anche agli atti ricevuti anteriormente alla sua entrata in vigore. Si rappresene che gli atti, oggetto dell’addebito disciplinare, sono stati tutti confermati.

I motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

La L. n. 52 del 1985, comma 1-bis, aggiunto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, conv. in L. n. 122 del 2010, prescrive: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La già menzionata dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”. E’ noto che, della L. n. 89 del 2013, ex art. 28 (Legge Notarile) “il notaio non può ricevere (o autenticare) atti se essi sono espressamente proibiti della legge”. L’orientamento finora espressa dalla Suprema Corte è nel senso di ritenere violato l’art. 28 della Legge Notarile laddove il notaio riceva un atto nullo per violazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis. “In tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1” (Cass. n. 8611/2014; conf. Cass. n. 20465/2016; n. 11507/2016). E’ stato osservato che l’interpretazione del giudice di legittimità, sulla scia di Cass. n. 8611 del 2014, si limita ad evidenziare l’unico significato precettivo già interamente contenuto nel significante, escludendo il carattere oggettivamente equivoco dell’enunciato normativo della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis (Cass. n. 39403/2021).

L’ordinanza impugnata sfugge, pertanto, alla doglianza articolata dal ricorrente.

La norma di cui della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, nuovo comma 1-ter, ha introdotto la possibilità di confermare, a certe condizioni, l’atto nullo per il mancato rispetto della disciplina in tema di conformità catastale oggettiva di cui al comma 1-bis dello stesso articolo: “Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10, comma 3”. Secondo il ricorrente l’orientamento della Suprema Corte, in base al quale la violazione dell’art. 29, comma 1-bis, comporta la responsabilità disciplinare del notaio ai sensi dell’art. 28 della Legge Notarile, non è più attuale, non potendosi più ritenere la nullità comminata dalla norma assoluta e insanabile. Si sostiene che la norma che ha introdotto la conferma è certamente applicabile anche agli atti nulli stipulati prima della sua entrata in vigore.

La tesi propugnata dal ricorrente (non sussiste violazione disciplinare se l’atto nullo è suscettibile di conferma) è in contrasto con l’orientamento espresso in materia da questa Corte, secondo il quale “In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto (imposto dalla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1, n. 1, e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2) di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla, inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto (quali la sostituzione di diritto della clausola nulla con norma imperativa)” (Cass. n. 21493/2005). Si evince da questo principio che la possibilità della conferma dell’atto nullo, tanto se prevista originariamente, quanto se introdotta da norma entrata in vigore dopo la stipula, non costituisce argomento idoneo a escludere la responsabilità disciplinare del notaio per avere ricevuto l’atto nullo. Questa Corte, proprio con riferimento alla violazione della disciplina in materia di conformità catastale, ha osservato che pure laddove già “la formulazione della norma originaria contempli la possibilità di una conferma o di una conservazione della validità dell’atto, il riscontro della fattispecie idonea a determinare la nullità genera la responsabilità disciplinare del notaio, non potendosi a tal fine tenere conto di quanto eventualmente posto in essere dallo stesso notaio o dalle parti con la redazione di un atto di conferma, che non elide il giudizio di disvalore dell’ordinamento nei confronti dell’atto al momento della sua stipula originaria, esponendo quindi le parti al rischio di avere concluso un atto nullo, nonostante l’essersi affidate al ministero notarile” (Cass. n. 21828/2019). La pronuncia ora richiamata ha motivatamente dissentito da Cass. n. 29894/2018, nella quale si ventila la tesi che con la conferma ai sensi del comma 1-ter, “si avrebbe il recupero dell’atto nullo e la sanatoria della nullità, con la conseguenza del venir meno ex post, della responsabilità disciplinare del notaio”. In quella occasione la Corte ha precisato che il venir meno della responsabilità implicherebbe che il notaio dia prova tanto dell’avvenuta conferma, quanto della conformità catastale. In base a questo rilievo, in quella occasione, la Corte ha negato che il notaio potesse giovarsi dello ius superveniens, in quanto egli non aveva allegato “che gli atti fossero confermabili e siano in concreto stati oggetto di conferma”. Si capisce quindi che, in Cass. n. 29894/2018, il rilievo delle possibili ricadute, sul piano disciplinare, della sopravvenuta possibilità di conferma non hanno avuto alcuna incidenza sulla decisione, degradando quindi quel rilievo a un obiter dictum. Questa Corte ritiene di dover decidere la fattispecie in applicazione del principio di Cass. n. 21829/2019, confermato in tempi più recenti da Cass. n. 39403/2021, condividendo l’assunto di fondo che la responsabilità disciplinare sussiste per il solo fatto di avere ricevuto un atto vietato dalla legge, “senza che quindi abbia rilievo l’eventuale successiva conferma dell’atto, ove ritenuta ammissibile da parte del legislatore”, e, a fortiori, l’astratta possibilità di conferma del medesimo. Solo per completezza di esame si ritiene di precisare che, in considerazione delle ragioni poste a fondamento del rigetto del motivo, la questione di diritto intertemporale, se il della L. n. 52 del 1985, art. 19, comma 1-ter, sia applicabile agli atti ricevuti prima dell’entrata in vigore della novella, è del tutto irrilevante in questa sede.

E’ pertanto inammissibile, per irrilevanza, la questione di legittimità costituzionale, sulla quale il ricorrente insiste con la memoria, dell’art. 29, comma 1-ter, ove interpretato nel senso che, a differenza del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 47, per la nullità urbanistica, non prevederebbe la regola che soltanto il ricevimento o l’autenticazione di atti nulli e non convalidabili costituisce violazione dell’art. 28 della Legge Notarile. La questione è irrilevante perché, per effetto della novella del 2017, la nullità in questione non è più insanabile, essendo previsto il meccanismo della conferma; ma la modifica di questo carattere della nullità – che già assimila la nuova disciplina della nullità in materia di conformità catastale a quella dettata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 47, indicato dal ricorrente come tertium comparationis – non esclude la responsabilità disciplinare del notaio, essendo stata la violazione commessa quando l’atto era affetto da nullità assoluta e insanabile.

Con il primo motivo del ricorso incidentale il Consiglio notarile censura la decisione nella parte in cui la Corte di merito ha negato il concorso della violazione dell’art. 28 della Legge Notarile con l’illecito previsto dall’art. 42 del codice deontologico. Il ricorrente incidentale evidenzia che la diversità del bene giuridico, rispettivamente tutelato dalla norma rispetto alla quale è stata riscontrata la violazione dell’art. 28 e la norma deontologica, intesa a salvaguardare il rapporto del notaio con il cliente, rende configurabile la duplicità dell’illecito disciplinare, non ricorrendo rapporto di specialità fra le due disposizioni.

Con il secondo motivo, proposta in via subordinata, si deduce che, in ipotesi sia accolto il ricorso principale, venendo meno la violazione dell’art. 28 della Legge Notarile, dovrebbe essere riconosciuta quanto meno la violazione dell’art. 42 del codice deontologico, che non è subordinata alla nullità degli atti.

Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.

Si insegna che una norma è speciale rispetto ad un’altra quando presenta tutti gli elementi costitutivi della norma generale, più altri elementi suoi peculiari, appunto, specializzanti. In tali casi, in assenza della disposizione speciale, la condotta rientrerebbe nel fatto tipico descritto nella norma generale, non avendo rilievo decisivo a tal fine il criterio del bene o dell’interesse protetto dalle disposizioni punitive concorrenti (Cass. n. 1299/2008). L’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione penale è consolidato nel ritenere che per “stessa materia” deve intendersi la stessa fattispecie astratta, lo stesso fatto tipico nel quale si realizza l’ipotesi di reato; con la precisazione che il riferimento all’interesse tutelato dalle norme incriminatrici non ha immediata rilevanza ai fini dell’applicazione del principio di specialità (Cass. pen., S.U., 41588/2017). Ora, una relazione del genere è certamente ravvisabile fra l’illecito disciplinare di cui all’art. 28 della Legge Notarile, che vieta al notaio di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, e la violazione dell’art. 42 del codice deontologico (“Il notaio è tenuto, in particolare, (…) a proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva (…)”). Invero, qualora la violazione sia consistita nella ricezione di un atto nullo, la condotta sanzionata dalla norma deontologica già rientra nella previsione della Legge Notarile (cfr. Cass. pen. S.U., n. 1963/2011).

Il secondo motivo del ricorso incidentale, proposto in via subordinata per l’ipotesi dell’accoglimento del ricorso principale, è inammissibile.

In conclusione, debbono essere rigettati sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale.

Le spese di questo giudizio, sostenute dall’Archivio Notarile, sono a carico del ricorrente principale. Spese compensate fra ricorrente principale e ricorrente incidentale.

Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale, in favore dell’Archivio notarile distrettuale di Vicenza, al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate le spese del presente giudizio fra ricorrente principale e ricorrente incidentale; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2022.