Le condotte del coniuge sono ascrivibili ai maltrattamenti in famiglia quando caratterizzate da vessatorietà, che può consistere in una costante condotta violenta ed ingiuriosa, alla quale non può essere sottratta la frequentazione di altre donne ostentata e accompagnata da manifestazioni di disprezzo nei confronti della persona offesa.
Cassazione penale sez. VI, 29/9/2022, n.41568.
NORME DI LEGGE
Articolo 572 c.p. – Maltrattamenti contro familiari e conviventi.
[I]. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
[II]. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi.
[III]. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
[IV]. Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.
GIURISPRUDENZA
Cassazione penale sez. VI, 29/9/2022, n.41568.
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, a seguito di gravame interposto dall’imputato F.T.J.D. avverso la sentenza emessa in data 24 maggio 2021 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 572 c.p. ai danni della convivente.
2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che con atto del difensore deduce:
2.1. Con il primo motivo violazione dell’art. 572 c.p. e difetto di motivazione in relazione alla unitarietà delle condotte e alla sussistenza del dolo di maltrattamenti. La Corte di merito ha erroneamente considerato due episodi di violenza fisica distanti nel tempo e caratterizzati da specifici moventi senza che la parte offesa abbia individuato – nelle sue dichiarazioni – altri specifici episodi nell’ambito di una relazione conflittuale e burrascosa, che non prevedeva alcun obbligo di fedeltà rispetto al quale, pertanto, la relazione con altre persone non poteva costituire ragione di rimprovero e causa di umiliazione.
2.2. Con il secondo motivo violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva, riferita a condanne per le quali era intervenuta sia la causa di estinzione del reato ai sensi dell’art. 167 c.p. sia quella di cui all’art. 445 c.p. e, in ogni caso in assenza di una specifica valutazione in ordine alla maggior colpevolezza rispetto a una risalente condanna per fatto del 2009 commesso in giovanissima età.
2.3. Con il terzo motivo difetto di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio che ha genericamente tenuto conto del solo risalente precedente e non del comportamento resipiscente del ricorrente in ordine al fatto per il quale si è proceduto.
3.Il procedimento si è svolto ai sensi del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 23, commi 8 e 9, conv. in L. n. 176 del 18 dicembre 2020, (i cui effetti sono stati prorogati dal D.L. n. 105 del 23 luglio 2021, art. 7, convertito dalla L. n. 126 del 16 settembre 2021; ed ancora, dal D.L. n. 228 del 30 dicembre 2021 art. 16, convertito in L. 25 febbraio 2022, n. 15).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
2.Il primo motivo è genericamente proposto rispetto alla individuata articolata e perdurante condotta vessatoria ricostruita dal doppio conforme accertamento consistita in una costante pesante condotta violenta ed ingiuriosa ai danni della persona offesa alla quale non può essere sottratta l’ostentata frequenza da parte del ricorrente di rapporti con altre donne volutamente accompagnata dal manifesto disprezzo della stessa persona offesa, a lui legata da una stabile relazione implicante un obbligo di reciproco rispetto.
3.Il secondo motivo – quanto alla ritenuta estinzione delle precedenti condanne – è generico non essendo stata devoluta la specifica questione in appello; quanto alla valutazione in ordine alla maggiore gravità è manifestamente infondato rispetto all’incensurabile valorizzazione a riguardo di un precedente per reato commesso con violenza alle persone in relazione alla commissione di un delitto abituale espresso anche con analoghe violenze.
4.Il terzo motivo è generica contestazione in fatto al corretto esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito che ha considerato non solo il precedente penale a carico del ricorrente ma anche la complessiva gravità oggettiva e soggettiva del reato, anche tenuto conto della durata nel tempo della condotta.
5.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2022.