Ricorsi Tributari

Ai fini della fruizione dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, l’acquirente assume un vero e proprio obbligo verso il fisco con la dichiarazione di voler stabilire la propria residenza nel comune. Per cui il suo inadempimento comporta la decadenza dal beneficio, anticipato al momento della registrazione, salva che ricorra una causa di forza maggiore da intendersi quale evento reso tipico dall’essere imprevedibile, inevitabile ed a tal punto cogente da sovrastare, precludendone obiettivamente la realizzazione, la volontà stessa dell’acquirente.

Cassazione civile sez. Trib., 9/9/2022, n.26599.

NORME DI LEGGE

D.P.R. n. 131 del 1986 nota II bis, art. 1 della parte prima della tariffa.

[I) Per gli atti traslativi stipulati da imprenditori agricoli a titolo principale o da associazioni o società cooperative di cui agli articoli 12 e 13 della legge 9 maggio 1975, n. 153, ai fini dell’applicazione dell’aliquota dell’ 8% l’acquirente deve produrre al pubblico ufficiale rogante la certificazione della sussistenza dei requisiti in conformità a quanto disposto dall’art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153. … Omissis …

[II) Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 3% la parte acquirente: … Omissis …

II- bis ) 1 . Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:

a ) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;

b ) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

c ) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all’art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168, … Omissis …

GIURISPRUDENZA

Cassazione civile sez. Trib., 9/9/2022, n.26599.

I FATTI DI CAUSA

1. Con gli avvisi di liquidazione n. (OMISSIS) (prot. (OMISSIS)) e n. (OMISSIS) (prot. (OMISSIS)), notificati alla ricorrente il 10 maggio 2017, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Milano – chiedeva alla contribuente il pagamento della rispettiva somma di 2.938,27 Euro (a titolo di imposta di registro) e di 1.581,00 Euro (a titolo di imposta sostitutiva su operazione di credito a medio e lungo termine D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 15), considerando l’istante decaduta dalle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa previste dall’art. 1 della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 181 del 1986, essendo emerso da indagini anagrafiche che la residenza non era stata trasferita nel Comune di Rozzano entro 18 mesi dalla stipula dell’atto notaio C.P. (avvenuta il 29 settembre 2014) – registrato il 10 ottobre 2014, serie 1T, numero (OMISSIS) – con cui la P., unitamente al marito, aveva acquistato un immobile, avvalendosi delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa.

1.1. La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva i ricorsi (poi riuniti) proposti dalla contribuente contro tali avvisi, ritenendo che il termine di diciotto mesi di cui alla nota II bis dell’art. 1 della Tariffa – Parte prima – allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 non avesse carattere perentorio e considerando, per altra via, applicabile il diverso termine triennale, decorrente dalla registrazione dell’atto.

1.2. Senonché, la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio, reputando che il citato termine di diciotto mesi avesse natura perentoria e non sollecitatoria, come chiarito dalla più recente giurisprudenza del Giudice di legittimità, non ravvisando, per altra via, motivi per derogare a tale termine, reputando non sussistente la forza maggiore invocata dalla contribuente in ragione della dedotta malattia, siccome risalente all’anno 2003 e quindi non sopravvenuta, né imprevedibile.

2. L’istante proponeva ricorso per cassazione avverso detta sentenza, con atto notificato tramite posta elettronica certificata in data 18 marzo 2020, articolando tre motivi di impugnazione e successivamente depositando memoria ex art. 378 c.p.c..

3. L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 19 giugno 2020.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’erronea interpretazione della nota II bis, art. 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, richiamando i contenuti di detta disposizione e delle pronunce della Corte di Cassazione nn. 3507/2011 e 3510/2011 (e di altre da queste menzionate), citate dal primo Giudice, che avevano ritenuto che il termine di diciotto mesi avesse natura meramente sollecitatoria e non perentoria e che la decadenza dai benefici fiscali andasse collegata solo all’inutile decorso del termine triennale decorrente dalla registrazione dell’atto, sollecitando una valutazione secondo criteri di ragionevolezza e di buona fede, collegati al caso concreto.

L’istante ha concluso sul punto, sostenendo che il legislatore ha stabilito, a pena di decadenza, solo che la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile deve essere resa nell’atto di acquisto, non prevedendo, invece, che l’acquirente debba stabilire la residenza nel territorio comunale ove è ubicato l’immobile acquistato entro diciotto mesi dall’acquisto.

4.1. Con il secondo motivo di impugnazione la P. ha denunciato, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sempre l’erronea interpretazione della nota II bis, art. 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, sebbene sotto una diversa prospettiva.

Nello specifico, ha censurato la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha inteso far decorre il termine di diciotto mesi dalla stipula dell’atto e non anche dalla registrazione dello stesso, militando in tal senso il principio ermeneutico dell’interpretazione letterale nella parte in cui la nota II bis della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 si riferisce all'”acquisto”, rimarcando sul punto che la formalità della registrazione dell’atto di acquisto integra l’elemento costitutivo ai fini del beneficio fiscale, nonché, sotto altro versante, il criterio dell’interpretazione sistematica, non potendo trascurarsi di considerare che, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, il termine di decadenza triennale previsto per la notifica al contribuente dell’atto di liquidazione delle imposte e sanzioni decorre dalla registrazione dell’atto.

Per tale via, richiamando sul punto la pronuncia di questa Corte n. 16082/2014, ha posto in evidenza che (anche) il termine di diciotto mesi è stato rispettato, in quanto la registrazione dell’atto è avvenuta in data 10 ottobre 2014 e la residenza è stata trasferita il 5 aprile 2016.

4.2. Con il terzo ed ultimo motivo di impugnazione l’istante ha rimproverato al Giudice regionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’erronea interpretazione della nota II bis, art. 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nonché della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35 del 1 febbraio 2002, assumendo la sussistenza della forza maggiore, giacché nel periodo dicembre 2015/marzo 2016 versava in gravi condizioni di salute (disturbo bipolare, sindrome maniaco-depressiva), non prevedibili, come dimostrato dalla documentazione prodotta, che le impedirono di attendere alle occupazioni quotidiane, determinando, comunque ed alla fine, il ritardo di appena 7 giorni nell’espletamento del citato adempimento.

5. Gli illustrati motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Essi riposano, in sintesi, sul rilievo secondo cui ad essere espressamente presidiato dalla sanzione di decadenza è la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è stabilito l’immobile, che deve essere resa dall’acquirente al momento dell’acquisto, mentre tale conseguenza non è prevista per il termine (di diciotto mesi) entro il quale il trasferimento deve avvenire, il quale, secondo la tesi della contribuente, comunque decorre dalla registrazione dell’atto, che integra, sul piano fiscale, il momento costitutivo dell’acquisto.

Sotto altro profilo, l’istante sollecita una interpretazione ragionevole della previsione normativa, ribadendo, a fronte di un ritardo di soli sette giorni, le ragioni di forza maggiore.

6. Il ricorso non può essere accolto, giacché le tesi su cui esso si fonda contrastano con l’orientamento di questa Corte venutosi a consolidare negli ultimi anni e che gli argomenti posti a base dell’impugnazione non inducono a riconsiderare.

6.1. Va premesso che la dichiarazione, da rendere nell’atto, di voler trasferire la residenza nel Comune è la prima condizione, prevista a pena di decadenza, per poter godere del beneficio, ma non esaurisce gli adempimenti necessari per poter godere o meglio mantenere le agevolazioni provvisoriamente concesse.

6.2. Questa Corte ha affermato che “ai fini della fruizione dei benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa, e in applicazione dell’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, D.P.R. n. 131 del 1986, l’acquirente assume un vero e proprio obbligo verso il fisco con la dichiarazione di voler stabilire la propria residenza nel comune in cui è sito l’immobile, da adempiere nel termine perentorio, e non sollecitatorio, di diciotto mesi dalla stipula dell’atto, comportando il suo inadempimento la decadenza dal beneficio, anticipato al momento della registrazione, salva la configurabilità della forza maggiore” (Sez. (Sez. 5, Ordinanza n. 17629 del 2021)” (così Cass. n. 17867/2022 con sottolineatura aggiunta).

La natura perentoria del termine si giustifica considerando, da un lato, la primaria esigenza di certezza della situazione fattuale (il trasferimento della residenza,) considerata dal legislatore come meritevole di agevolazione, salvo la ricorrenza di comprovate cause di forza maggiore, mentre, sotto il profilo strettamente giuridico, “quando l’ordinamento, come nel caso in esame, limita nel tempo la possibilità del soggetto di produrre un effetto giuridico a sé favorevole, o d’impedirne uno a sé sfavorevole, mediante l’esercizio di un potere, la mancata produzione dell’effetto scaturente dal mancato compimento dell’atto entro il termine fissato si presenta come estinzione del potere, ossia come decadenza” (cfr. Cass. n. 5021/2022).

6.3. Anche “sul mancato trasferimento della residenza per usufruire dei benefici “prima casa” l’orientamento di questa Corte (n. 14399/2013; id n. 70067/2014; n. 7764/2014, 16082/2014, 4800/2015, 5015/2015; n. 38552 del 06/12/2021 ed anche 1588/2018), è consolidato nel senso di ritenere che “in tema di imposta di registro, il D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2 (convertito nella L. 5 aprile 1985, n. 118), richiede, per la fruizione dei benefici cd. prima casa, previsti in caso di acquisto di immobile in altro Comune, che il compratore vi trasferisca la residenza anagrafica, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto; detto trasferimento, elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato, rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento…. ” (così, da ultimo, Cass. n. 5021/2022 si sottolineatura aggiunta, ma, tra le tante, anche Cass. n. 17867/2022 cit” Cass. n. 18076/2022).

Va aggiunto sul punto che si tratta di un termine previsto dalla legge, il che preclude la ricerca di altro termine e di altra decorrenza (di tre anni dalla registrazione dell’atto D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76, comma 2), prevista per differenti ragioni e cioè per consentire, entro un tempo limitato, i relativi controlli da parte dell’Ufficio e quindi di eseguire gli eventuali conseguenziali accertamenti.

6.4. Quanto alla forza maggiore la Corte è ferma nel ritenere che “Il trasferimento di residenza è elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato dall’Amministrazione finanziaria, e poiché rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, il suo mancato assolvimento, in relazione al regime della decadenza, non resta insensibile agli eventi impeditivi che la giurisprudenza della Corte, con orientamento ormai costante, riconduce all’esimente generale della forza maggiore (tra le tante: Cass. nn. 33741/2019; 9433/2018; 2383/2018; n. 1588/2018; n. 8351/2016; n. 5015/2015; n. 13177/2014; n. 7067/2014; n. 28401/2013; n. 26674/2013; n. 14399/2013).

E’, tuttavia, la stessa giurisprudenza ad avvertire la necessità di adottare, in materia, la nozione “comune” di forza maggiore, individuabile in un evento reso tipico dall’essere imprevedibile, inevitabile ed a tal punto cogente da sovrastare, precludendone obiettivamente la realizzazione, la volontà stessa dell’acquirente, la cui condotta non realizzativa del dichiarato presupposto dell’agevolazione risulta, per tali ragioni, risulta in definitiva a lui non imputabile, non derivando da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente (v. Cass. S. U. n. 8094/2020, ancorché con specifico riferimento alla revoca del beneficio di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3). Ne consegue che il mancato stabilimento, nel termine di legge, della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione, solo qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore in relazione ad un ostacolo sopravvenuto rispetto alla stipula dell’acquisto” (così Cass. n. 22557/2022).

E’ stato altresì chiarito che la “nozione di forza maggiore non si limita all’impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (vedasi la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 15 dicembre 1994, causa C-95/91, punto 31, e la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 17 ottobre 2002, causa C208/01, punto 19). Pertanto, sotto il profilo naturalistico, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate (Cass., Sez. 5, 22 settembre 2017, n. 22153; Cass., Sez. 6, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. 5, 22 marzo 2019, n. 8175)”, che “sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente” (principio più volte affermato in ipotesi di mancato trasferimento della residenza nell’abitazione costituente prima casa; cfr., ex multis, Cass. 26 marzo 2014, n. 7067; Cass. 11 luglio 2014, n. 13177; Cass. 8 novembre 2019, n. 28838). In buona sostanza, deve trattarsi di un impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità (anche a titolo di colpa), inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento” (Cass., Sez. 5A, 7 giugno 2013, n. 14399; Cass., Sez. 6A, 4 gennaio 2016, n. 25; Cass., Sez. 6A, 19 gennaio 2016, n. 864; Cass., 7 Sez. 5, 24 giugno 2016, n. 13148; Cass., Sez. 6, 9 marzo 2017, n. 6076)” (così Cass. n. 16947/2022 che richiama Cass., Sez. Un., 23 aprile 2020, n. 8094, e Cass. n. 4757 del 2021, nonché nello stesso senso, Cass. 10562/2022 e Cass. n. 5871/2022).

6.4.1. Ebbene, le ragioni del ricorso sul punto in rassegna concernono la ribadita sussistenza della forza maggiore, fondata sulla rappresentata patologia (sindrome maniaco-depressiva) che aveva colpito la contribuente.

Tali doglianze, tuttavia, risultano rivolte a conseguire dalla Corte una rivalutazione della circostanza, la quale, però, coinvolge un apprezzamento di merito sottratto al presente sindacato, che è stato invece eseguito dal Giudice regionale in linea con i principi di diritto sopra ricordati nella parte in cui ha considerato che “la malattia si era manifestata nel 2003, cioè molto prima del rogito, e il suo temporaneo e episodico riacutizzarsi era prevedibile” (così nella sentenza impugnata).

Il motivo di ricorso va pertanto considerato inammissibile.

7. Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, va riconosciuto che la sentenza impugnata si è uniformata ai principi di diritto sopra ricapitolati, il che comporta il rigetto del ricorso.

8. Le spese del giudizio di legittimità vanno regolate secondo il criterio della soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto, in ragione dell’esito del ricorso, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento a favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di 2.200,00 Euro per competenze e 330,00 Euro per il rimborso forfettario delle spese generali, oltre accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione della Corte di cassazione, il 25 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2022.